Tribunale ordinario di Palermo sez II civile
L’azione revocatoria richiede, sotto il profilo soggettivo, che il debitore sappia che l’atto che ha compiuto danneggia i diritti dei creditori. Se l’atto avviene prima che nasca il credito, deve essere dimostrato che il debitore ha agito con l’intenzione di danneggiare il credito. Questo obbligo di consapevolezza vale solo per il debitore se l’atto è gratuito, mentre se è oneroso (cioè in cambio di qualcosa), vale anche per il terzo coinvolto.
In relazione all’atto oggetto della controversia, successivo al sorgere del credito, si è verificato se debitori e terzi erano soltanto consapevoli del danno. La consapevolezza non implica necessariamente che conoscessero il credito specifico, ma che avessero la possibilità di sapere del pregiudizio.
Nella verifica di questa consapevolezza, il giudice, in virtù delle indicazioni fornite dai legali Cannizzaro, ha stabilito che l’acquirente non era consapevole del danno ai creditori.
Il creditore, per dimostrare il contrario, ha solo fatto riferimento alla parentela tra le parti, ma non ci sono state prove sufficienti che hanno dimostrato che questo legame familiari rendesse impossibile per l’acquirente non sapere della situazione debitoria.
L’acquirente era parente dei venditori, ma non viveva con loro e aveva cessato di essere socio della società legata ai debiti prima che questi nascessero. Pertanto, non aveva necessariamente informazioni sui problemi della società o sui debiti dei venditori.
In conclusione, solo la parentela non basta a dimostrare che l’acquirente fosse consapevole del danno, e di conseguenza l’azione revocatoria è stata respinta.