L’azione di ingiustificato arricchimento è un rimedio restitutorio mirante a neutralizzare lo squilibrio determinatosi in conseguenza di diversi atti o fatti giuridici tra le sfere patrimoniali di due soggetti nei limiti dell’arricchimento che non sia sorretto da una giusta causa.
Si tratta di un rimedio avente natura sussidiaria alla stregua della norma di chiusura dell’ordinamento, attivabile in tutti quei casi in cui l’arricchimento di un soggetto in danno di un altro soggetto non sia corretto da specifiche disposizioni di legge.
Il fondamento della clausola di sussidiarietà va ravvisato nel principio di certezza del diritto che si declina, a sua volta, nel pericolo di un’indebita locupletazione dell’impoverito, nel rischio di elusione della disciplina delle azioni alternative e nel pericolo di attentato al principio di economia dei mezzi processuali.
In particolare, sul tema in oggetto, le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto: “Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo.
Viceversa resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico.